26 novembre 2014 – Riceviamo e pubblichiamo questa rivisitazione, anche in chiave locale, che Antonio Scarabelli fa di 1984 di George Orwell.
Rivisitando Orwell. 1984, un lontano futuro per lui, quando scrisse il suo famoso romanzo. Si era immaginato un mondo occidentale governato dall’onnipotente Socing (il socialismo inglese) con a capo il Grande Fratello, di cui bisognava ciecamente fidarsi, perché si era autoproclamato il migliore e affermava di sacrificarsi per il bene di tutti: perché mai quindi non si sarebbe dovuto credere a quello che diceva, ai suoi piani, ai suoi progetti?Era stato introdotto il Bipensiero, unica forma di pensiero ammissibile, di cui erano perfetto esempio i Ministeri del Governo: quello dell’Amore che presiedeva alla sicurezza e che interveniva ferocemente in caso di eterodossia o deviazionismo; della Verità, con il compito di provvedere alla propaganda e al revisionismo della storia; e infine quello dell’Abbondanza che presiedeva ad un’economia sempre più povera e in crisi.
Anche gli slogan del partito erano puro distillato di questo bipensiero: “la guerra è pace”, “la libertà e’ schiavitù“, ”l’ignoranza è forza”; “la menzogna diventa verità e passa alla storia” e “chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato”. In parallelo al bipensiero era stata introdotta la Neolingua, ovvero un linguaggio elementare che impediva sfumature eterodosse o anche solo ironiche, in modo da impedire la stessa possibilità di critica dell’operato del Partito. Infine la letteratura, il giornalismo, la storiografia erano stati modificati nel loro contenuto e scopo. I testi e gli articoli esistenti venivano costantemente controllati e riscritti espellendo quanto non in linea con le idee e le posizioni attuali del Partito: quanto avesse mai rivelato contraddizioni o fallibilità del Partito veniva quindi sistematicamente cancellato e riscritto; così la storia non esisteva più se non per dare ragione al Partito. Infine dai cittadini fedeli ci si aspettava non solo che non rievocassero fatti del passato non in linea con il presente, ma che li cancellassero dalla loro memoria, sostituendoli con i fatti che il Partito voleva venissero ricordati. Dovunque erano presenti le “buche della memoria”, nelle quali tutti erano invitati a gettare i documenti ed i testi non più in linea con la verità del momento.
1984, un futuro lontano per Orwell, un passato che dovrebbe essere lontano per noi, ma che invece, purtroppo, e’ fin troppo presente. Svegliatici, grazie alla crisi, dall’oppio del consumismo ci siamo accorti d’un colpo dell’opprimente atmosfera di controllo e di sospetto che silenziosamente era stata costruita attorno a noi, mentre eravamo così distratti a fare shopping. Anche il linguaggio era diventato altro, ora doveva essere almeno politically correct, molte parole non solo non si potevano pronunciare o scrivere, ma nemmeno pensare, se non volevi essere punito o quanto meno additato al pubblico disprezzo. Le parole non esprimevano più la realtà’ ed il mondo concreto, ma valori e opportunismi; la verità non esisteva più, al suo posto c’era solo ciò che in quel momento era ritenuto opportuno o conveniente dal gruppo dominante: opportunità e convenienza che così assumevano un valore ed una dimensione assoluta, ed il loro prodotto, le “verità” del momento, come se fossero sempre esistite. Solo così si poteva spiegare perché venisse supinamente – direi narcoticamente – accettato, ad esempio, che un “salvatore della patria” potesse impunemente continuare a fare politica addirittura con un suo partito dopo avere infinite volte negato, anche con sdegno, qualsiasi volontà’ di cimentarsi in politica, una volta esaurito il suo mandato, e che tale spudorata contraddizione non solo passasse sotto silenzio ma paresse essere stata addirittura rimossa dalla memoria.
O che in un Comune programmi, progetti, piani, assunti ad elemento qualificante della propria azione politica dalla compagine di governo, ferocemente difesi da qualsiasi critica anche costruttiva, potessero venir improvvisamente sostituiti con nuovi programmi, progetti, piani; nuovi si’, ma presentati come se mai si fosse parlato o discusso di altro. A pensare al famoso comunicato/volantino dello scorso ottobre viene da domandarsi se ad Arese non si pensi per caso di realizzare assieme alle nuove strade anche le “buche della memoria”, affinchè i cittadini possano gettarvici i precedenti proclami e piani, chiaramente non più’ in linea con la “verità” attuale. Non abbiamo bisogno di politici infallibili, algidi o zuzzurulloni che siano, abbiamo bisogno di politici competenti e sinceri, che ci dicano le cose come stanno, che ammettano i loro errori, che non ci prendano in giro, che sappiano ascoltare anche chi non la pensa come loro. E che non pensino di risolvere i loro problemi con scavi e buche, stradali o della memoria che siano.
Antonio Scarabelli
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